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Il punto di vista di Managers e Formatori - 4

Quarta Parte

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Il punto di vista di Managers e Formatori - 4

Questa Sezione pur essendo dedicata agli Imprenditori Sardi accoglie eccezionalmente lo straordinario contributo fornitoci dal portale E-SCHOOL

I maggiori Managers e Formatori italiani rivelano le doti e le strategie che li hanno portati ad ottenere i più alti risultati nel loro settore. Nelle interviste rilasciate al portale E-school.it dal 2001 ad oggi sono contenute tutte le ultime tendenze di un mondo in continua evoluzione ed i punti di vista di chi questa evoluzione la determina. Li abbiamo raccolti in un articolo in quattro parti di cui presentiamo di seguito l’ultima (la terza è disponibile qui).

di Eleonora Cipollina


Raccomandatissima, poi, la fatidica esperienza all’estero. Andrea Casalini, CEO di Buongiorno.it, è il primo a proporla, nel 2001: «Io consiglierei di privilegiare situazioni che consentano di mettersi alla prova con responsabilità di gestione del business e dello sviluppo commerciale, ancora meglio se all’estero». «Direi a un giovane laureato di andare a fare un’esperienza umana, per esempio di andare a fare il cameriere per due mesi a Londra - rilancia Silvano - così impara la lingua e a trattare con la gente». Più drastico Veratti, secondo cui «il problema maggiore è ancora avere, in un’aula di persone brillanti con lauree e master in corso di completamento, il 100% o quasi degli allievi che parlino un inglese decente (ovvero che consenta loro di usarlo come lingua di lavoro). Questo è un requisito di selezione chiave: motivazione ed esperienze all’estero (di ogni tipo, Erasmus o anche lavoretti)». Perciò, «se non lo si è ancora fatto, andare sei mesi nel Regno Unito o negli USA, cercandosi un lavoro anche di basso profilo, ma imparare la lingua, sfidare se stessi confrontandosi con culture, luoghi e mentalità diverse dalle proprie». Lo ribadiscono anche Antonella Dedini, Direttore Generale di IDI’AC, secondo cui «le esperienze di studio all’estero sono fondamentali per l’apertura dell’orizzonte professionale» (2005), e Mauro Rosso, che ammette che «a parità di titolo, chi può vantare un curriculum comprensivo di master o tirocinio - magari svolto all’estero - è sicuramente avvantaggiato».

Un’ulteriore dritta viene di nuovo da Mirko Veratti, che evidenzia l’importanza di «sapersi muovere attivamente creando un proprio network di ex-colleghi universitari, compagni di master, compagni Erasmus, etc. per avere contatti di lavoro che vadano al di là degli annunci o dell’attività di headhunting (di troppo alto livello per un giovane) e di lavoro temporaneo (dove di solito si cercano profili più bassi). Credo che il mercato faccia pagare a brillanti, potenziali neo-lavoratori la mancanza di un canale di recruiting mirato che li prenda più attentamente in considerazione: per questo motivo oggi è necessario che ognuno si crei ancor più che in passato un proprio network di potenziali contatti».

Felician consiglia «solo di inserirsi presto, non trentenne, perché i trentenni sono ancora giovani ma non sono proprio i primissimi sul mercato del lavoro. Gli consiglio di inserirsi quanto più giovane possibile e con quanta più motivazione possibile, ovviamente avendo alle spalle un titolo di studio che sia come minimo una buona maturità e se possibile una laurea. Per esempio, adesso che esistono due tipi di lauree, già una di primo livello mi sembra molto buona per entrare nel mondo del lavoro. Uno che si presenti dicendo “Ho una buona maturità e mi sono laureato in tre anni: certo che potrei avere la laurea specialistica di altri due anni, ma io voglio lavorare” è un candidato di grandissimo interesse. Poi, magari, in parallelo si prepara gli esami la sera e conseguirà per suo sfizio anche la laurea di secondo livello, ma dal punto di vista del lavoro non gli serve, è già buono per il mercato».

Un altro consiglio ricorrente, forse banale ma evidentemente non sempre messo in pratica, è quello di mantenere un po’ di sana umiltà, specialmente in fase di ingresso nell’ambito professionale: «Molti giovani arrivano da noi preferendo puntare da subito su aspetti retributivi o di “status” (posizioni altisonanti, luogo di lavoro, rapporti gerarchici...)», riflette Ainio. Che suggerisce, «se fosse possibile, di non focalizzarsi troppo sui compensi nei primi anni». Rincara Mauro Lupi: «E’ importantissimo per chi vuole lavorare in realtà aziendali dinamiche e sempre proiettate in avanti avere l’umiltà di mettersi sempre in discussione, facendo una sana e positiva autocritica». Al giovane in cerca di lavoro, Mario Silvano consiglia «di non cadere nel tranello di aspettare la migliore offerta, ma di buttarsi per tre mesi» a fare qualunque cosa «purché ci sia una ditta che dia anche un po’ di addestramento. Non badi al ritorno economico, se può, ma all’esperienza: molti giovani, specie laureati, vogliono l’offerta perfetta». Anche Colombo consiglia «di non chiedere prima di dare: all'inizio della carriera è importante soprattutto imparare, il tempo per raccogliere viene subito dopo. Di rendersi disponibili a crescere e a far crescere la struttura per cui si opera». Sulla stessa linea Dedini: «Consiglio maggiore umiltà e maggiore disponibilità a sopportare le prime difficoltà. All’inizio è dura, ma non si deve smettere di sognare». Veratti concorda sull’«umiltà, unita però ad un atteggiamento non passivo a cominciare dal colloquio stesso».

Tuttavia, a leggere le storie di questi uomini e (come sempre, poche) donne spesso a capo di grandi aziende, a volte si ha una sensazione: che per arrivare a tali livelli sia necessario, comunque, partire da una situazione che già di per sé consenta di frequentare i master, corsi e workshop vari delle alte sfere formative, o magari di intraprendere una carriera accademica all’estero o iscriversi a un MBA negli Stati Uniti. Per questo, forse, conviene seguire il suggerimento di Maruzzi: «Io consiglio anche di suddividere il tempo tra studio e lavoro; anche un’esperienza da McDonald’s può dimostrarsi fondamentale per la crescita professionale: si impara a lavorare in team, e dunque a confrontarsi con altre persone e con altri modi di concepire le relazioni interpersonali. Aiuta anche a sviluppare doti di leadership, a saper affrontare i conflitti». Oltre che a trovare i fondi per compiere i passi successivi del proprio cammino formativo.

L’unico pilastro in grado di reggere quest’immane quantità di sforzi tesi allo sviluppo personale e all’ottenimento di risultati non può che essere una grande, profonda passione. Rubando le parole a Joseph Campbell, il fondatore e Direttore di ACME Comunicazione, Formazione e Coaching S.r.l. Piernicola De Maria rivela: «“La regola generale che uso per i miei studenti è: ‘Segui la tua passione!’. Trova dov'è e non aver paura di seguirla”. E più pragmaticamente aggiungo di sognare alla grande e ricordarsi anche che i sogni diventano prima obiettivi e poi risultati solo se segue l'azione».

a cura di: Eleonora Cipollina

pubblicato il: 08/12/2014

Indagine Formazione italia, eleonora cipollina,

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